mercoledì 9 novembre 2011

I hated

L'odio consuma. Già, mi direte, fortuna che l'ho capito. Sì, in realtà l'odio mi aveva già consumata un'altra volta nella vita, solo una, ormai quasi dodici anni fa. Si sa, il tempo non fa dimenticare ma attenua, e un sentimento accecante come l'odio non si rifiuta con tanta facilità.
C'erano tanti segnali che potevano avvertirmi e tante voci, ma ho voluto essere cieca e sorda.
Alcune persone a me vicine mi hanno lasciata bruciare, e credo siano state le più sagge. Già, perché altrimenti non mi sarei mai neanche avvicinata ad un'uscita, forse. "E' troppo presto", mi hanno detto, ma non capivo. Sono una persona impaziente, quando desidero qualcosa vorrei averla subito, e io desideravo solo stare ancora bene, ridere di gusto e diventare finalmente indifferente. Ho creduto di vedere una scorciatoia nel male: nel vedere tutto male. Non mi ero accorta del precipizio in fondo alla strada. Se si impacchetta il proprio passato e lo si demolisce, questo diventa un errore - un errore con tremende ripercussioni sul presente - ed è solo questione di tempo prima di rendersi conto di chi sia il soggetto di quell'errore. Operazione autodistruttiva, per l'appunto.
Eppure sembra di trovarsi su di una corsa irrefrenabile verso il suicidio psicologico, perché l'unica via d'uscita è pensare a cose positive, al fatto che non tutto sia da demolire... ma questo fa davvero troppa paura! Paura di scoprirsi conniventi con chi ci ha fatto soffrire, paura di arrivare a perdonare quello che ci è stato fatto. Non sfiora nemmeno il cervello che si tratti di due cose completamente differenti: infatti vedere con chiarezza ciò che è stato vissuto significa riconciliarsi con il passato, mentre perdonare è un'azione che si compie nel presente, e non è necessariamente richiesta.
Il panico, il dolore e la stanchezza hanno fortunatamente avuto il potere di svegliarmi, prima di soccombere (una personale caratteristica che trovo sempre molto utile), e i sogni mi hanno aiutata a vedere ciò che la mia mente si rifiutava di accettare.
Finché ieri sera mi sono accorta che un'azione stupida come mettermi la crema sulle gambe, prima di andare a dormire, è un indice ben preciso del mio stato di salute psichico (ieri sera, tanto per cominciare, l'ho messa - fosse anche solo per scaramanzia): era già qualche giorno che stavo male. Più che qualche giorno, anzi, è stato un latente e intero periodo di buio! Ecco, proprio ieri, a coronamento di una banale abitudine temporaneamente persa, ho trovato il coraggio - oltre che la forza - di capire una cosa in più: conviene sempre ascoltare i propri fantasmi.
Andare avanti a demolire una persona che si è scelta per anni porta solo alla distruzione. Non c'è niente e nessuno che mi chieda di prendere posizioni nei suoi confronti, ora, ma il mio passato ingarbugliato meritava da parte mia l'attenzione che si rivolge alla verità.
Ho voluto tagliare di netto con la mia storia, senza rispettarla, e ho lasciato indietro una parte di me che voleva solo continuare a crescere nel futuro con le sue colpe, le sue sofferenze, gli sbagli, le risate, le belle giornate, le lacrime, le ansie, i baci e gli sguardi. C'ero anche io. Come ho fatto ad incastrarmi a pensare che sia stato tutto solo male? Certamente lo è stato alla fine, ma perché prendermela indiscriminatamente con quello che ho vissuto prima?
La paura che se avessi ricordato davvero sarei stata meno forte è semplicemente illusoria, e deve sparire. Niente al mondo mi farà dimenticare il motivo per cui me ne sono andata, il perché restare nei giochi mi avrebbe fatto troppo male. E' stata una decisione giusta, della quale non mi pentirò mai. Perché dovrei pentirmi del resto? Ho sempre fatto tutto quanto era in mio potere proprio perché non dovessi mai trovarmi a rimpiangere niente. Come ho potuto dimenticarlo?
Adesso? Sono sola, e non mi sono mai sentita più autentica, d'altra parte mi rendo conto solo ora, davvero, di quanto sia difficile per me fidarmi. Paura anche questa? Indubbiamente, ma per una volta, forse, non è richiesto solo il mio sforzo per superarla. Su questo solo il futuro si pronuncerà.

Un'ultima nota: credo che i bambini siano gli unici ad aver capito come usare gli stivali di gomma quando piove!

giovedì 3 novembre 2011

Assenza

"C'è troppo bianco, qui. Tu vuoi che siamo troppo bianchi.
Io voglio il giallo (no, non il grigio, proprio il giallo: il bianco sporco).
Voglio che usciamo in strada, che ci teniamo per mano, che ci guardiamo negli occhi e ci vediamo per quelli che siamo davvero: sporchi.
Voglio che solo dopo, stanchi ma felici, portiamo il giallo in questa stanza, e solo così, infine, facciamo l'amore".

Ho cercato di dire cose ben più esplicite nella realtà, e non mi aspetto che mi si capisca in un sogno. Qualsiasi cosa avessi potuto dire ecco cos'era veramente importante: è sempre stato il bianco quello che voleva, la perfezione.
Io? Tra esami, stanchezza e clausura non faccio altro che pensare che è tutto qui quello che vorrei trovare dall'amore: tanto giallo.

























Le mie scuse per l'assenza.

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