mercoledì 31 agosto 2011

Ma fuck!

Ma chi sono, poi, io? Il babbo Natale degli stronzi?
Com'è che, gira e rigira, devo sempre essere quella che regala scusanti, che sorride quando le si tira merda, che incassa le critiche, anche quelle più distruttive?
Per quale recondito motivo se capita che mi crolli addosso un grattacielo, il primo Merda che passa e che fa la "fatica" di levare un mattoncino dalla cima delle macerie, potrebbe rischiare di godere della mia eterna gratitudine?
C'è una qualche legge secondo la quale il fatto che io possa concorrere a miss la-più-accomodante-delle-persone implichi, come premio, dei calci in culo?
Ma, soprattutto, perché non mi basta essere arci-stufa di questa condizione?
Non è che, per caso, io sia schiava dell'amore per la libertà altrui, ma non c'è verso che sia tanto accondiscendente da concederla anche a me stessa?
Ogni tanto un sano "vaffanculo" alla persona giusta può essere risolutivo. Ho disimparato a litigare.


lunedì 29 agosto 2011

Sogno pomeridiano

C'era una festa vicino ad un edificio storico, una specie di cattedrale il cui interno assomigliava a quello della mia cantina. Tanto era buio lì dentro, tanto era verde e soleggiato fuori.
Io e un altro paio di persone organizzavamo un pic-nic vicino agli alberi, su una strada asfaltata piena di pezzi di foglie. Alla mia sinistra il viale proseguiva e gli alberi si facevano sempre più fitti. Irresistibilmente attratta ho cominciato a camminare in quella direzione, per fare una passeggiata, curiosa. D'un tratto mi sono accorta che la via continuava ancora molto e che mi sarei allontanata troppo, così ho deciso di voltarmi e di tornare indietro. Solo che più avanzavo e più mi rendevo conto che il paesaggio era diverso da prima: ricordavo il pic-nic più vicino e ora al suo posto c'erano due strade nere di asfalto, con le strisce bianche, il guard rail e tutto il resto.
Per tentare di scegliere la via giusta ho seguito la musica che proveniva dalla festa e ho imboccato la strada a destra, che andava in salita. Ben presto mi sono accorta che non mi avrebbe riportato mai dov'ero prima. Anzi sapevo che forse mi avrebbe attesa qualcosa di spaventoso, un incubo, ma ho cominciato a saltellare.

sabato 27 agosto 2011

Consciousness

Consapevolezza. Dovremmo riflettere di più su questa parola, ma senza soffermarci troppo. Dovremmo capire il suo significato, ricordarcene e poi metterla in pratica.
Essere consapevoli delle nostre azioni, dei nostri pensieri, inseguirli, rincorrerli fino a raggiungere il nostro respiro. In questo modo, credo, potremmo trovare la gioia in ogni cosa e quindi in noi.
Ciò che facciamo, che pensiamo, che proviamo siamo noi. Anche la tristezza è noi, l'ansia, l'apatia è noi. Non esiste qualcosa che sia slegato dal nostro essere, perciò tutto è noi, solo che la maggior parte delle volte lo ignoriamo, lo subiamo, come se qualcosa dall'esterno stesse veramente lì a piegarci verso una condizione piuttosto che un'altra.
Arrendiamoci: non c'è niente da combattere, solo un intero mondo a cui prestare attenzione.

Prima di averci riflettuto, in un mio recente soggiorno a Trieste, l'ho provato. La consapevolezza di tante piccole cose ha aperto un mondo sconosciuto, straniero e brillante nella mia mente.
Così ho notato che Trieste è una città sospesa sulla corda di un funambolo, gli animi della sua gente sono sferzanti, come strappati qua è là dal vento. Mia sorella dice sempre, scherzosamente, che i triestini hanno la bora nella testa, e la trovo una cosa tanto curiosamente vicina alla realtà da farmi sorridere.
Un intero popolo di fantasmi vivi, che dopo cena si chiudono nei vicoli e nelle strade di colle San Giusto e restituiscono la propria città all'aria e al buio. Camminando in questa parte di Trieste, verso le dieci di sera, ho avuto la sensazione di essermi persa nello spazio e nel tempo, quasi stessi avanzando fra le scene di un teatro troppo profondo. Anche di giorno, a Trieste, i suoni giungono nelle case come se provenissero da ogni parte,  stranianti, ognuno da un angolo diverso da quello che ti aspetteresti.
Non puoi che abbandonarti, o scegliere consapevolmente di opporti.
Questo ritrovarmi ad essere forzatamente chiamata alla decisione e alla comprensione di me stessa, in ogni forma, mi ha portata in ultimo ad accorgermi, davvero, anche del rumore ovattato e innaturale dell'acqua nelle orecchie e del colore troppo intenso del cielo sopra il mare.
Al mio ritorno mi ero ripromessa di appuntare subito queste emozioni, per non dimenticarmene, ma l'inedia, il dovere e la stanchezza mi hanno fatta sprofondare nella strana e fastidiosa condizione di ritrovarmi vittima di me stessa.
Che peccato dimenticarsene! Eppure tutto ciò che ho vissuto era ancora qui con me.


venerdì 26 agosto 2011

Friend-ship

"Chi è dappertutto, non è da nessuna parte.
Quando uno passa la vita a vagabondare, avrà molte relazioni ospitali, ma nessun amico". (Seneca)



giovedì 25 agosto 2011

In libertà

"Mai tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa." (A. Pazienza)

A non guardarsi indietro ci sono arrivate un po' tutte le culture, nella storia. Possibile che l'uomo se ne dimentichi sempre? E' più forte di noi - anche questo avevano già notato -, ma chi si volta è perduto, diventa una statua di sale.
Non si vive così. Nella vita non si dovrebbe aspettare, mai. Solo andare avanti, sempre.
In fondo siamo abbastanza complessi da poter bastare a noi stessi. Cosa temiamo, davvero? Dovremmo fidarci di ciò che ci ha insegnato il passato, di quello che ci è stato detto da ogni voce, e non tornare indietro per verificare se è ancora vero.
Questo è abbandonarsi alla vita.
Le più belle soprese arrivano quando non ce le aspettiamo.



martedì 23 agosto 2011

Ancora archeologia

Purtroppo le cose non migliorano.
Non molto tempo fa, sul Tg2 è andato in onda un servizio sui volontari nei cantieri archeologici, persone non pagate che, anzi, pagano per passare le ferie di agosto facendo gli "Indiana Jones", come sembrava suggerire la musichetta di sottofondo (e sia chiaro, per me Indiana Jones è un mito, ma so bene che io e lui non facciamo lo stesso lavoro). L'Associazione Nazionale Archeologi aveva già provveduto a denunciare la cosa e a cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica sul nostro problema: professionisti che studiano minimo 7 anni (minimo!) per fare un lavoro rigoroso al servizio della comunità e della storia, la maggior parte disoccupati, anche a causa di queste discutibili iniziative, spesso mal tutelate.
Nel mio piccolo mi attivo per cercare di far capire, ancora una volta, la condizione della nostra cultura nazionale. Non vi sentite un po' tutti presi in giro?

Scavi in mano ai "turisti dell'archeologia", e le associazioni si arricchiscono


I will always be better than before

Have no fear
For when I'm alone
I'll be better off than I was before

I've got this light
I'll be around to grow
Who I was before
I cannot recall

Long nights allow me to feel
I'm falling, I am falling
The lights go out
Let me feel
I'm falling
I am falling safely to the ground

I'll take this soul that's inside me now
Like a brand new friend
I'll forever know

I've got this light
And the will to show
I will always be better than before

Long nights allow me to feel
I'm falling, I am falling
The lights go out
Let me feel
I'm falling
I am falling safely to the ground

lunedì 22 agosto 2011

Vision

Canzoni dalla mia infanzia... Ecco come sono diventata quello che sono!

Wishes

E' possibile che i desideri abbiano sulla nostra volontà una sorta di effetto placebo?
Che si avverino perché crediamo che debbano avverarsi?


martedì 16 agosto 2011

Strade

Per lavoro sono finita a scavare a 2200 metri per una settimana. Consapevole degli effetti che ha su di me la montagna, benefici e maliconici, per l'occasione sono partita con un bagaglio mentale da alleggerire in quota. Ho portato con me un libro e il mio taccuino da riempire ma, mi sorprende dire, non mi sono serviti. Ho scoperto che la fatica svuota la mente, che il silenzio porta risposte, che le risate sono panacee, che la vita degli altri è meditazione. Così eccomi a dare un senso più positivo e leggero a quello su cui stavo rimuginando prima di partire, che non smette di avere, per me, un senso profondo.

Camminando sulla strada della vita sembra che tutto scivoli via leggero, quasi istintivamente, che ogni cosa conduca a conseguenze considerate inevitabili. Lungo la via si prendono troppo spesso decisioni inconsapevoli, si saltano bivi considerati di marginale importanza. Non si solleva quasi mai lo sguardo dallo sterrato, dalle buche, dalle salite all'orizzonte, dalle agognate discese, e si perdono i paesaggi verdi e sconfinati, i cieli azzurri, le nubi bianche e quelle nere.
Non ci si accorge nemmeno dei rumori, neanche i più chiassosi, come quelli che salgono dai cortei che ti si affiancano lungo il cammino, composti da voci dissonanti, urlati dalle Convinzioni. Può essere addirittura ignorato anche chi, non invitato, ci accompagna e ci tiene la mano, bene intenzionato a non lasciarla: l'Orgoglio. Egli, a volte, grida più forte di tutto il resto, riesce a confondere persino l'Amore, che pervade ogni singolo passo. La confusione può essere fatale e nella mia vita ho ascoltato fin troppo Orgoglio, senza sentire quello che aveva da dire tutto ciò che mi circondava.
Ognuno di noi ha la capacità di essere sincero con sé stesso, di non arrendersi alle bugie, create per preservarsi da una inutile vergogna. Non possiamo arrenderci alle nostre stesse lusinghe, dobbiamo pretendere Verità per noi stessi, sempre. Se la Verità riesce a squarciare il velo, se i nostri occhi possono accorgersi dell'inganno allora, nel preciso istante in cui riusciamo a scorgere il nostro nemico, dovremmo avere il coraggio di fermarci e dirci:

Non è davvero questa la strada che dovrei continuare a percorrere, mi sta conducendo in luoghi distanti da me, mi sta allontanando dal mio essere, già riscoperto e così facilmente abbandonato. Questa strada può solo portarmi a prendere in prestito pensieri di qualcun altro, a temere le sue paure, a soffrire le sue gioie. A puntare ad obiettivi che non si vorrebbero realmente raggiungere.






venerdì 5 agosto 2011

Friday morning

"Ciò che io realizzo nel mondo è anche ciò che decido di fare di me stesso, che me ne renda conto o no". (L.M. Zanet)



giovedì 4 agosto 2011

Barboncini, protagoniste e sindromi

"Chi si accontenta gode" è una massima che ho sempre pensato non trovi spazio in amore. Ne sono tuttora convinta, ma noto sempre di più, in questa società, un tendere infinito alla perfezione, che fa male.
Non vi è mai capitato di non essere del tutto convinti del vostro partner, mentre vi trovate quella delicata Terra di Mezzo fra l'Occasionale" e la Frequentazione? Purtroppo non sto parlando di savoir-faire bensì, molto venalmente, di "bell'aspetto". No, non mi riferisco neppure ad individui conclamatamente brutti (anzi!), solo a quei piccoli difetti che ti si attaccano al cervello. Ho sufficiente esperienza per sapere che se c'è sincero amore si amino anche quelli, ma se si comincia dall'inizio in questo modo, c'è speranza? Se non c'è adrenalina, passione bruciante, notti insonni a fissare il soffitto, se tutto questo è presente, ma rassicurante e diffuso, può andare lo stesso?
Ho provato a concentrarmi sulla questione e devo dire, in tutta onestà, che se non ci fosse nessun minimo difetto, se la persona con cui ho a che fare fosse oggettivamente meravigliosa, io sarei già cotta e irrecuperabile. Ma perché c'è bisogno di quell'"oggettivamente"?


Ecco perché: mia sorella ha sottoposto alla mia attenzione il caso della sindrome "del barboncino". Per quanto non sia un cane che mi piaccia granché, la sua immagine attiva subito la corteccia cerebrale e il collegamento è immediato: trattasi di cane da esposizione. La patologia, più comune di quanto si pensi in ambo i sessi, provoca una strana alterigia durante il passeggio e pensieri quali "Visto il mio cane da esposizione? E' un soggetto ad alta tipicità di razza, buona la testa, buona la linea superiore e il torace, già abbastanza sviluppato tenendo conto la giovane età, buone angolature e gli appiombi, ben raccolti i piedi, buona la pigmentazione generale. Si muove bene. Molto promettente" (ok, questo è Docky, un Cocker Spaniel, ma il concetto non cambia).
Quale insano tasto tocca l'inutilità di avere un "uomo da passeggio"? Cosa si vuole comunicare alle nostre "simili"? Forse "Invidiami la facciata"? Cosa sentono le orecchie del nostro orgoglio? "Che bella coppia!"
Dubito che tanti di noi siano nati così e, a parte l'imprinting delle favole con annesso principe azzurro (che credo comunque abbiano rovinato molte vite), cos'è di queste inutili scemenze che ci condiziona ancora così tanto?
Ieri sera ho intravisto la causa nel pericolo di un altro tipo di sindrome, quella "della protagonista". Ecco, mi sono detta, le protagoniste ottengono sempre di stare con l'uomo migliore. Così ho fatto una ricerca, che fortunatamente mi ha positivamente stupita.
C'è almeno un caso eclatante, di partenza, che conosciamo tutti: Robin Hood e Lady Marian. Coppia perfetta, da favola, bello lui, bella lei. Ma vogliamo parlare della sempre poco malcelata possibile storia d'amore fra "Lady Cocca" e Little John? Chissà com'erano davvero, ma anche mettendosi d'impegno sono sempre meno irresistibilmente attraenti dei due protagonisti. Seguendo il primo esempio il postulato dovrebbe quindi essere: l'uomo della protagonista è sempre il più bello. E' davvero così?

Romeo e Giulietta? Rose e Jack (Titanic)? Meravigliosi e tragici: struggevolmente splendidi. Sandy e Danny (Grease)? I più belli del cast. Westley e Bottondoro (La Storia Fantastica)? Irraggiungibili. Carrie e Big (Sex & the City)? La storia impossibile (e quando si usa il termine "impossibile" non si allude alla possibilità che sia possibile a qualcuno).
Fin qua tutto mi dava ragione, stavo quasi per prendermela con gli sceneggiatori e i responsabili dei cast, quando mi sono accorta che, nonostante la bellezza, ciò che rende davvero indimenticabili queste coppie è che il loro è un amore davvero invidiabile, e che il loro fascino sopravviverebbe all'aspetto fisico.
Quindi a che serve l'"uomo da passeggio"? A ricordarci che siamo noi le protagoniste e le altre solo comparse? Forse è davvero così. Ben triste prospettiva.
Eppure, se si cambiasse punto di vista, se si ragionasse consapevoli che non c'è altro protagonista nella nostra vita se non noi stessi, uomini e donne, comparirebbe Léon, che è tutto tranne che bello, ma attraverso gli occhi di Matilde è l'uomo più affascinante del mondo, e lo è davvero; oppure Peter Parker, che non potrà mai oggettivamente competere con Harry Osborn, ma se fossimo in Mary Jane non avremmo dubbi; o ancora Paulie Bleeker... si potrebbe essere più d'accordo con Juno?
Ecco fatto. Il protagonista vero sceglie l'amore della sua vita e se ne frega.
E convince tutti.

mercoledì 3 agosto 2011

Suggested

Ci sono film che mi comprano. Cracks non è un capolavoro, ma scivola in qualche luogo dell'anima che lo insegue, minuto per minuto. La luce, così simile a quella che spesso è presente nei sogni; il ritmo che cerca risposta nel battito cardiaco; i particolari ricamati e scintillanti; il tempo fermo da qualche parte nella storia, nella calma apparente e nobile fra le due grandi guerre. Sono queste le caratteristiche d'impatto presenti in questo scrigno di pellicola.
Il resto è storia: la storia delle mille forme che può assumere la fragilità umana.
Consigliato!

Pazienza

Quando le persone dicono di me che sono paziente si sbagliano. Forse intendono che sopporto, di sopportazione ne ho tanta, ma la pazienza è un'altra cosa.
Con l'immaginazione riesco a vedere "prodotti finiti" di estrema meraviglia e mi attivo immediatamente per crearli o renderli reali, ma quando segue al pensiero l'azione, scalpito. Vorrei che le mie azioni procedessero perfette verso la meta, senza intralci, con soddisfazione, e allora sbuffo, creo scusanti per lasciar perdere, per intraprendere qualcos'altro.
Forse ognuno di noi, in fondo, anela al "tutto-e-subito", ma a me sta stretto, vivo questa condizione in modo limitante.
Ci vuole serenità, determinazione e capacità di seria riflessione. Il mantra dovrebbe essere "sarà-quel-che-sarà", mentre si continua ad incedere.

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